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Cedro Libri - Antidoto - Stronzate

Aggiornamento: 14 mag 2020

Stronzate. Un saggio filosofico, Harry Frankfurt

Non sono menzogne. Né un modo per mascherare la verità. Le stronzate, secondo questo piccolo saggio filosofico (è gergo tecnico, ce lo perdonerete), sono affermazioni che esaliamo anche se non abbiamo alcun interesse a verificare che siano vere o meno. Sono un’arma retorica, un modo per deviare il discorso, un’abile distrazione che ci permette di sembrare d’accordo con tutti senza che il nostro pensiero emerga davvero. Quante stronzate ci circondano? Quante stronzate leggiamo e ascoltiamo tutti i giorni? Quante ne diciamo per quieto vivere in famiglia, lavoro, social networks?

Ci sono, a dir la verità, stronzate più e meno pericolose. Alcune non vogliono necessariamente distrarre o deviare il consenso, ma puntano a convincere emotivamente di qualcosa. A suscitare rabbia, disgusto, odio. La frase può essere semplice come un “Abbiamo speso miliardi per questa idiozia” e non importa che il contenuto d’informazioni sia vero o meno. Il messaggio nascosto in questa frase è un imperativo emotivo: devi arrabbiarti. Non solo. Un’altra qualità magnifica delle stronzate è che non hanno bisogno di essere coerenti: con una stronzata puoi difendere la libertà democratica un momento e il momento dopo aizzare all’odio religioso, alla feroce bigotteria sessista, alla pubblica gogna. Il punto è parlare, dimostrare di avere qualcosa da dire e, possibilmente, convincere gli altri che tu sei dalla loro e contro gli altri, incondizionatamente. Rispondere alle stronzate è altrettanto pericoloso. Loro non prendono sul serio quel che affermano: sul piano dei contenuti è impossibile avere uno scontro aperto. Come reagire, allora? Qual è un buon antidoto ad una serie di stronzate?

Leggere questo piccolo saggio è sicuramente un modo efficace per riconoscerle. Anche perché le stronzate sono piccoli impostori del linguaggio: più si fanno vedere e più hanno paura di essere scoperte. Additiamole, quando possibile.


Litografia su carta di Carlotta Mazzi

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