La violenza è giustificata?
- Arianna Gandaglia
- 15 giu 2020
- Tempo di lettura: 1 min

Negli USA si susseguono da settimane proteste contro la brutalità della polizia e il razzismo istituzionalizzato che da secoli comporta l’oppressione e sfruttamento della comunità afroamericana (non che il razzismo si fermi oltreoceano). Le manifestazioni sono spesso sfociate in atti violenti e l’opinione pubblica si è schierata: chi pensa che la violenza sia ingiustificabile, chi la ritiene necessaria. Il punto su cui credo dovremmo focalizzare l’attenzione è la causa che ha portato i manifestanti a ribellarsi: a decenni di discriminazione e soprusi si è aggiunta la repressione armata e gratuita di proteste pacifiche. Ma come può una persona che non ha mai vissuto l’oppressione razziale sulla sua pelle dire a chi la subisce come comportarsi e protestare? Se il “patto sociale” che impone un certo codice di comportamento (come per esempio il non rubare) alla tua comunità ha portato solo danni, come puoi volervi ancora sottostare? Il motto No justice no peace è un grido disperato di chi non ha più voglia di stare in silenzio, obbedire e chinare il capo. Per concludere, è inoltre doveroso ricordare come in altri casi gruppi marginalizzati siano dovuti ricorrere alla violenza per ottenere –alcuni- diritti: se nel mese di giugno, salvo pandemie, si possono festeggiare gioiosi pride con carri, glitter e canzoni di Lady Gaga è perché donne nere trans e drag queen hanno iniziato a tirare sassi alla polizia durante i moti di Stonewall nel 1969, stanche di essere brutalmente ammazzate dalla polizia. Il primo pride fu rivolta, non dimentichiamolo.
A cura di Arianna Gandaglia Artwork di @kristina Primakova
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